La condotta colposa della vittima non vale da sola a escludere la responsabilità del custode ex art. 2051 c.c.
La responsabilità per danno da cose in custodia ex art. 2051 c.c. attiene a diverse fattispecie alcune delle quali riguardano la responsabilità dell’appaltatore, quella del condominio, del conduttore, del noleggiatore, degli enti locali, delle società di gestione di infrastrutture, di servizi e impianti, etc.
Negli ultimi anni si sono succeduti molteplici interpretazioni giurisprudenziali sulla natura della responsabilità per danno da cose in custodia, diversamente riflesse sulla individuazione del soggetto passivo, sul contenuto dell’onere della prova a carico del danneggiato, sulla nozione di caso fortuito, sulla rilevanza del concorso colposo del danneggiato ex art. 1227, comma 1, c.c.
Con sentenza, a sezioni unite, la Cassazione (Cass. 30 giugno 2022 n. 20943) è tornata ad affermare un principio chiaro: la natura giuridica della responsabilità ex art. 2051 c.c. ha carattere oggettivo e non presunto e per la sua configurazione è bastevole la dimostrazione, da parte del danneggiato, del nesso causale intercorrente tra la cosa in custodia e il danno prodotto. Compete, invece, al custode l’onere di dimostrare, con effetto per lui liberatorio della responsabilità, che il danno è dipeso unicamente da un fatto naturale, del terzo o del danneggiato, contraddistinto da imprevedibilità ed inevitabilità (c.d., prova del fortuito).
Nella indagine a cui il giudice di merito è tenuto ai fini dell’accertamento della responsabilità non assume alcuna rilevanza la condotta del custode e l’osservanza da parte sua di uno specifico obbligo di vigilanza.
L’Ordinanza in commento (Cass., ord. 19 dicembre 2022, n. 37059) – emessa, tra l’altro, a conclusione di un giudizio patrocinato dal nostro Studio – si pone nel solco del nuovo indirizzo giurisprudenziale chiaramente espresso dalla Cassazione a Sezioni Unite, delineando, ulteriormente, gli aspetti fondanti della responsabilità nel caso di caduta accidentale.
Nello specifico, la Cassazione ha cassato (con rinvio) la sentenza della Corte di Appello di Milano che, in riforma di quella di primo grado, aveva negato la tutela risarcitoria ex art. 2051 c.c. sul presupposto che la caduta fosse imputabile alla colpevole distrazione del danneggiato (caduto accidentalmente in una buca che, a detta del giudice del gravame, era visibile e posta per altro nell’ambito di un complesso residenziale abitualmente percorso dalla vittima).
La Cassazione, invece, ribadisce a chiare note che la responsabilità ex art. 2051 c.c. discende dall’accertamento del solo rapporto causale tra cosa e danno.
Per escluderla occorre che intervenga la prova della sussistenza di un elemento esterno (fatto naturale, fatto di un terzo o fatto del danneggiato) che sia valso elidere il rapporto causale tra cosa e danno e tale da porsi come unica fonte del danno.
Detta prova, allora, esige un duplice accertamento: che la vittima abbia tenuto una condotta negligente e che quella condotta non fosse prevedibile e non prevenibile. E tale può dirsi quando sia stata eccezionale, inconsueta, mai avvenuta prima, inattesa da una persona sensata.
Nello specifico caso della caduta in una buca stradale, non si può sostenere che la caduta sia imprevedibile (potendo la sconnessione del fondo stradale determinare la caduta del passante) e nemmeno imprevenibile (in quanto il dislivello può essere rimosso o, almeno, segnalato da chi è custode del luogo in cui il fatto si è verificato).
In sostanza, il mero comportamento colposo della vittima non vale come caso fortuito se non connotato da non prevedibilità e da non prevenibilità, potendo al più rilevare ai fini della riduzione del danno ex art. 1227, primo comma, c.c., oppure al suo azzeramento ex art. 1227, secondo comma, c.c., a seconda del grado di gravità della condotta del danneggiato e del mancato uso di quella diligenza che lo avrebbe potuto evitare.
Compete al custode fornire la prova dell’esistenza del caso fortuito. Ed è onere del giudice del merito verificare che essa sia stata data. Ma questi non può astenersi dal compiere detta verifica, limitandosi a prendere in esame soltanto la natura colposa della condotta della vittima.