Il tema degli effetti che scaturiscono da una cessione di un credito, inesistente ab origine oppure esistente ma estinto al momento della cessione, non è di poco conto, perché strettamente connesso con le azioni esperibili dall’acquirente nei confronti del venditore nell’ambito del rapporto contrattuale in essere.
Infatti, il considerare la cessione nulla comporterebbe il diritto dell’acquirente a richiedere al venditore il solo corrispettivo pagato. Diversamente, considerare la cessione valida legittimerebbe l’acquirente al risarcimento del danno subito, pari al valore del credito e agli interessi conseguenti (interesse positivo).
È valida la cessione di un credito inesistente? La recedente sentenza del Tribunale di Milano.
La tesi prevalente propende per ritenere valida la cessione di un credito inesistente. Si registrano, però, anche pronunce contrastanti.
E’ il caso di una recente sentenza resa dal Tribunale di Milano (in un caso sottoposto alla nostra attenzione) con la quale è stato affermato che la cessione di un credito inesistente è da considerarsi nulla in quanto avente a oggetto una prestazione impossibile.
Con la conseguenza che la tutela riconosciuta al cessionario è stato il solo diritto alla restituzione del corrispettivo pagato (T. Milano, Sentenza n. 908 del 24 gennaio 2024).
Il diverso (dominante) orientamento della Corte di Cassazione.
La decisione del Tribunale meneghino si pone, però, in contrasto con l’orientamento (invero) consolidato della Corte di Cassazione, secondo cui la cessione di un credito inesistente è valida (Cass. 17 novembre 2022, n. 33957 e Cass. 3 giugno 2022, n. 17985). Con conseguente diritto dell’acquirente al risarcimento del c.d. interesse positivo, che si traduce nel diritto di pretendere dal venditore il pagamento di una somma pari al valore del credito ceduto, agli interessi maturati e alle spese (eventualmente) sostenute per l’acquisto del credito.
Le ragioni della validità della cessione di credito inesistente.
La norma generale da cui si potrebbe pensare di prendere le mosse per esaminare la fattispecie in oggetto sembrerebbe (a prima vista) quella contenuta nell’art. 1325 c.c. che annovera tra i requisiti essenziali del contratto l’oggetto dell’obbligazione. Soffermarsi su questa norma potrebbe condurre al (fallace) risultato di considerare la cessione nulla per inesistenza dell’oggetto della prestazione secondo quanto stabilito dell’art. 1418 c.c.
Al contrario, proprio in tema di cessione di credito, il dato normativo da cui partire è altro. Esso è rappresentato dall’art. 1266 c.c. che disciplina il caso un cui, al momento della cessione, il credito non esista, perché non è mai esistito o non esista perché estinto.
Con la norma appena richiamata il legislatore ha previsto che il cedente è tenuto a garantire all’acquirente l’esistenza del credito al tempo della cessione.
Se si coglie appieno il significato della norma non può che concludersi che ci si trova dinanzi a una deroga esplicita alla regola generale contenuta all’art. 1325 c.c. che introduce una garanzia accessoria al contratto di cessione che sorge, naturalmente e immediatamente, con la sua stipula.
La finalità che si è intesa perseguire? È quella di assicurare all’acquirente un risarcimento del danno nel caso in cui l’effetto traslativo manchi – a causa dell’inesistenza, completa o parziale, del credito o anche per altro impedimento equipollente quale, ad esempio, potrebbe essere la mancanza di legittimazione del cedente o la nullità del credito creduto (Cass. 3 giugno 2022, n. 17985) – non limitato al prezzo pagato; ma esteso all’utilità economica che lo stesso avrebbe potuto conseguire se il credito fosse stato esistente. Quindi, il cessionario ha dritto di richiedere al venditore il controvalore economico del credito oggetto dell’impegno negoziale (ancorché inesistente), degli interessi conseguenti e delle spese sostenute per l’acquisto.