Nel panorama articolato delle locazioni commerciali, emergono nella pratica questioni giuridicamente complesse che richiedono da parte dell’operatore di diritto un’analisi approfondita per essere pienamente comprese e gestite (con soddisfazione per il cliente). Con l’obiettivo di fornire chiarezza su questi temi, inauguriamo una serie di cinque articoli dedicati agli aspetti più dibattuti delle locazioni commerciali, settore del diritto nel quale il nostro Studio è, tra l’altro, specializzato. Esploreremo argomenti chiave come il deposito cauzionale, la fideiussione, i danni da ritardato o anticipato rilascio dell’immobile, la prelazione legale del conduttore nel caso di vendita e il regime della nullità nelle locazioni commerciali.

In questo primo articolo approfondiamo nel dettaglio la normativa riguardante il deposito cauzionale nella locazione commerciale e il tema della legittimità della fideiussione in sostituzione del deposito (validità e limiti per la liberazione del fideiussore secondo l’art. 1956 c.c.).

 

INDICE

  1. Il deposito nella locazione commerciale: la norma
  2. Locazione commerciale, deposito cauzionale: la natura
  3. Deposito cauzionale superiore a tre mensilità: giurisprudenza
  4. Deposito cauzionale: interessi
  5. La fideiussione in sostituzione del deposito cauzionale
  6. Qual è il comportamento che il locatore deve assumere verso il fideiussore in caso di mora del conduttore?

 

 

1. Il deposito nella locazione commerciale: la norma

L’art. 11 Legge 392/78 (c.d. legge equo canone) prevede il diritto del locatore di chiedere al conduttore, al momento della stipula del contratto di locazione, il versamento di una somma di denaro a titolo di deposito cauzionale. La previsione è però strutturata in termini negativi. Inoltre, dice il Legislatore che la somma versata a titolo di deposito cauzionale non può essere maggiore di tre mensilità del canone della locazione (così testualmente l’art. 11, Legge n. 392/1978: “il deposito cauzionale non può essere superiore a tre mensilità del canone”).

La funzione del deposito nella locazione è quella di garantire il locatore contro il rischio:

  1. di un uso della cosa locata non diligente (contravvenendo il conduttore al dovere legale di servirsene secondo un uso diligente ex art. 1587 c.c.);
  2. del mancato pagamento del canone (contravvenendo il conduttore al dovere di pagare il corrispettivo della locazione ex art. 1587 c.c.);
  3. dell’omesso ripristino, alla data di cessazione del rapporto, dei locali nella situazione esistente all’epoca in cui il rapporto ha preso avvio (contravvenendo il conduttore al dovere di restituire al locatore, al termine della locazione, la cosa nello stesso stato in cui l’ha ricevuta, art. 1590 c.c.), salvo il deterioramento risultante dall’uso in conformità al contratto (il cd. normale uso).

2. Locazione commerciale, deposito cauzionale: la natura

La somma versata dal conduttore al locatore a titolo di deposito cauzionale assume giuridicamente la natura di pegno c.d. irregolare perché:

  • il locatore diventa proprietario della somma e durante la locazione può disporne come meglio crede;
  • il conduttore vanta in pendenza del rapporto il (solo) diritto di credito alla sua restituzione. Il che significa che, alla data di cessazione del rapporto, il locatore dovrà dare al conduttore una somma di ammontare pari a quella originariamente versata (alla data di inizio del rapporto):
    • il diritto di credito è subordinato alla verifica dell’esatto adempimento delle obbligazioni poste ex lege a carico del conduttore (sub A, B, C). Con una precisazione di rilievo, però. Il locatore non può trattenere il deposito ma deve essere autorizzato a farlo tramite un provvedimento del Giudice reso nell’ambito di un’azione giudiziaria. Quindi, se c’è accordo del conduttore, si può operare la trattenuta, se invece l’accordo del conduttore manca, il locatore deve restituire il deposito e agire per farsi riconoscere il suo diritto di credito alla restituzione (a fronte dell’accertamento della violazione da parte del conduttore di una delle obbligazioni a cui il medesimo era tenuto);
    • in caso di subentro nella locazione da parte di un acquirente dell’immobile (quindi nel caso in cui la proprietà del bene vanga trasferita in pendenza del rapporto locatizio), questo ultimo, quale nuovo locatore, subentra nella stessa posizione giuridica del precedente proprietario/locatore. Ciò vale anche per l’obbligo di restituire al conduttore, alla data di cessazione del rapporto, il deposito versato. Nell’accordo tra venditore/acquirente, quindi, occorrerà essere accorti e inserire la previsione dell’impegno del venditore di pagare all’acquirente la somma che il primo sta trattenendo a titolo di deposito, salvo che non vi sia una volontà contraria. In difetto, sarà l’acquirente a dover provvedere di “tasca propria” alla restituzione al conduttore.

3. Deposito cauzionale superiore a tre mensilità: giurisprudenza

Perché il deposito cauzionale non può eccedere le tre mensilità? La finalità è quella di evitare che, al momento della stipula del contratto, il locatore (che è considerato dal legislatore il soggetto “forte” del rapporto) possa imporre al conduttore (soggetto “debole”) un gravoso peso economico a cui lo stesso sia costretto a soggiacere a fronte della necessità di prendere in locazione i locali.

La clausola che dovesse prevedere il pagamento di un ammontare maggiore rispetto alle tre mensilità di canone è nulla. Si tratta di una nullità “relativa”, nel senso che la clausola rimane valida fino a concorrenza delle tre mensilità. Nel caso in cui il conduttore abbia versato un deposito maggiore di tre mensilità di canone, ha diritto di chiedere la restituzione della differenza. La nullità può essere rilevata da chiunque abbia interesse, quindi in primo luogo dal conduttore (che ha un interesse diretto), ma anche dal Giudice, il quale la può rilevare d’ufficio.

4. Deposito cauzionale: interessi

Il deposito cauzionale è produttivo di interessi legali. L’obbligo del locatore di corrispondere al conduttore gli interessi legali è dettato da una norma imperativa. La clausola che lo dovesse derogare è nulla. Gli interessi maturano con cadenza annuale. Il fine del legislatore è quello di evitare che il locatore possa conseguire un incremento surrettizio (nascosto intenzionalmente) di quanto già percepisce a titolo di canone convenuto. Perché se è vero che nelle locazioni commerciali il canone è liberamente determinabile quanto al suo ammontare dalle parti, è però altrettanto vero che esso deve corrispondere a quello che le parti hanno convenuto e non può essere aumentato. Salva l’eccezione dell’adeguamento secondo l’indice Istat (che le parti possono prevedere).

5. La fideiussione in sostituzione del deposito cauzionale

Capita che il versamento di una somma di denaro, a titolo di deposito, venga sostituito dal rilascio di una fideiussione da parte di un terzo. La fideiussione può sostituire il deposito cauzionale, per cui essa si pone a garanzia delle obbligazioni assunte dal conduttore con il contratto di locazione, che, come anticipato nel primo paragrafo, sono:

  1. dovere di servirsi della cosa in locazione secondo un uso diligente, art. 1587 c.c.;
  2. dovere di pagare il corrispettivo della locazione, art. 1587 c.c.;
  3. dovere di restituire al locatore, al termine della locazione, la cosa nello stesso stato in cui l’ha ricevuta, art. 1590.

È valida la fideiussione che eccede, per ammontare, le tre mensilità del canone della locazione?

Fenomeno, invero, tutt’altro che infrequente nella prassi commerciale. La fideiussione che eccede le tre mensilità di canone è valida e non contravviene alla norma dettata dall’art. 11, Legge n. 392/1978 perché:

  • l’obbligazione fideiussoria è assunta da un soggetto diverso rispetto al conduttore;
  • non comporta per il conduttore quella privazione di mezzi finanziari a vantaggio del locatore che l’art. 11 Legge 392/78 intende sanzionare.

La fideiussione è valida anche se è inserita nel testo del contratto di locazione perché l’oggetto della fideiussione è facilmente individuabile in relazione al contratto di locazione e alle obbligazioni che sono sorte a carico del conduttore. Un caso su cui la Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi attiene alla validità di una fideiussione inserita in un contratto di locazione, ma non riprodotta nella copia registrata del suddetto contratto. La Corte ha affermato la validità della fideiussione perché l’art. 1, comma 346, della l. n. 311 del 2004 prevede l’obbligo di registrazione solo per la locazione.

6. Qual è il comportamento che il locatore deve assumere verso il fideiussore in caso di mora del conduttore?

Nel caso in cui nel corso del rapporto intervenga una morosità del conduttore tale da giustificarne la risoluzione, il locatore ha il dovere di informare il fideiussore e di chiedere a questo ultimo di continuare a fare credito al conduttore moroso a titolo di canoni di locazione (e spese accessorie) maturati e non riscossi.

In difetto, trova applicazione l’art. 1956 c.c. che dispone la liberazione del fideiussore nel caso in cui il creditore, pur consapevole del peggioramento delle condizioni economiche del debitore, abbia continuato a fargli credito (così aggravando la posizione debitoria), confidando esclusivamente nel pagamento del fideiussore.

La ratio della disposizione è quella di consentire al fideiussore di sottrarsi alla obbligazione di pagamento a cui, per contratto, è tenuto, negando l’autorizzazione a una prestazione che sia divenuta più gravosa.

Per essere liberato, però, il fideiussore deve provare (e la prova può avvenire anche per presunzioni) che la speciale autorizzazione di cui all’art. 1956 c.c. non è stata richiesta e che il locatore era a conoscenza che le condizioni economiche del conduttore erano diventate tali da rendere notevolmente più difficile il soddisfacimento del credito. In altri termini, il fideiussore deve provare che il locatore, nel momento in cui ha fatto ulteriore credito al debitore/conduttore, era consapevole dell’intervenuto peggioramento delle sue condizioni economiche in modo tale da pregiudicare notevolmente il soddisfacimento del credito.

L’autorizzazione non è richiesta se la conoscenza delle difficoltà economiche in cui versa il debitore principale è comune o può presumersi tale, sicché da essere note anche allo stesso fideiussore.