Proseguiamo il ciclo di articoli dedicati alle locazioni commerciali e affrontiamo la tematica dei danni da ritardato rilascio dell’immobile da parte del conduttore. Le norme che regolamentano la fattispecie sono gli artt. 1590 e 1591 c.c.

Ai sensi dell’art. 1590 c.c. il conduttore, alla data di cessazione del rapporto, deve restituire al locatore la cosa locata. La restituzione deve consistere incondizionata, ossia consistere in una effettiva immissione dell’immobile nella disponibilità del locatore. Così, è inadempiente all’obbligazione di riconsegna il conduttore che non restituisce tutte le chiavi, oppure il conduttore che lascia, all’interno, arredi o attrezzature che impediscano l’utilizzo del bene da parte del locatore. Parimenti è inadempiente il conduttore che abbia sublocato il bene a un terzo (sub-conduttore) che alla data di cessazione della locazione non rilasci i locali e, ancora, il conduttore che abbia causato all’immobile danni tali per cui la riparazione comporterebbe l’impiego di somme ingenti da parte del locatore.

Nei casi di mancata consegna delle chiavi, danni gravi, presenza di attrezzature e mobilio il locatore può rifiutare la restituzione del bene.

Secondo l’art. 1591 c.c., il mancato rilascio alla scadenza o di legittimo rifiuto del locatore a prendere in consegna l’immobile determinano l’obbligo del conduttore di pagare al locatore il “corrispettivo convenuto fino alla consegna” (c.d. indennità di occupazione). Salva la corresponsione del maggior danno.

 

 

INDICE

  1. Gli effetti del ritardato rilascio dell’immobile
  2. La buona fede del locatore (limiti al suo comportamento)
  3. L’obbligazione di rilascio dell’immobile e suo coordinamento con l’indennità di avviamento
  4. Effetti del mancato pagamento dell’indennità di avviamento

 

1. Gli effetti del ritardato rilascio dell’immobile

Dunque, ai densi dell’art. 1591 c.c., il ritardato rilascio dell’immobile, rispetto alla scadenza contrattuale, genera due distinte obbligazioni a carico del conduttore:

  • il pagamento di un importo corrispondente ai canoni della locazione; da pagare fino alla data dell’effettiva restituzione del bene al locatore (indennità di occupazione). A cui vanno aggiunte le eventuali maggiorazioni intervenute nelle more (a esempio, l’adeguamento Istat); e
  • la corresponsione (eventuale) di una somma a titolo di “maggior danno”, nel caso in cui il locatore, non avendo ricevuto la disponibilità del bene alla data in cui ne era prevista la sua riconsegnata, non abbia potuto utilizzarlo in maniera più vantaggiosa (perché non venduto, perché non locato a canone più elevato, etc.).

L’indennità di occupazione consiste in un indennizzo minimo, la cui quantificazione è parametrata ex lege al canone pagato durante la pendenza del contratto di locazione. Il maggior danno presuppone l’esistenza di un danno aggiuntivo. L’obbligo di pagamento della indennità di occupazione non richiede particolari formalità in quanto la sua fonte è legale e deve essere adempiuto anche senza la formale messa in mora del conduttore.

Differenza tra le due obbligazioni

La differenza sta tutta nella prova “civilistica” che il locatore è tenuto a fornire, in giudizio, per conferire legittimità alla pretesa:

  • relativamente all’indennità di occupazione, il pagamento è dovuto per il solo fatto che, alla data di scadenza della locazione, il bene non è stato restituito. Il pagamento prescinde dalla prova, da parte del locatore, di aver subito un danno. Ciò in quanto si tratta di una forma di risarcimento previsto ex lege e in misura minima;
  • relativamente al maggior danno, il pagamento è conseguenza del danno ulteriore lamentato. Tale danno deve essere provato sia relativamente all’an (l’essersi effettivamente verificato) sia relativamente al quantum (nel suo preciso ammontare). Il danno va provato nello specifico a esempio dimostrando che, a seguito del ritardato rilascio, il locatore ha perso:
    • una occasione di vendita dell’immobile (libero) a prezzo conveniente;
    • una occasione di affittare l’immobile a condizioni più vantaggiose.
    • una occasione di utilizzare il bene in altro modo.

Nella sostanza, quello che il locatore è tenuto a provare è che, se avesse tempestivamente ricevuto la restituzione dell’immobile, lo avrebbe subito impiegato ricevendo in cambio una utilità maggiore della sola indennità di occupazione dovuta dal conduttore (occupante).

Se il locatore lamenta di avere perso una occasione di vendita o di locazione dovrà fornire la prova dell’esistenza di trattative, della serietà delle stesse e del fatto che le trattative si trovassero in stato avanzato (e non embrionale), sicché l’accordo era in corso di definizione.

La giurisprudenza ammette la prova c.d. presuntiva (procedimento che da un fatto “noto” consente di pervenire alla prova della esistenza di un fatto “ignoto”), escludendo la necessità di specifiche offerte di locazione da parte di terzi, spesso di difficile documentazione in una situazione in cui, per definizione, l’immobile continua a essere occupato dal precedente conduttore. Così (rimanendo nel campo del danno conseguente alla perdita di una locazione), dalla stipula, poco tempo dopo il rilascio dell’immobile, di un contratto di locazione a condizioni vantaggiose è stata desunta la prova presuntiva della perdita di favorevoli occasioni di locazione già nel periodo in cui l’immobile era occupato.

La giurisprudenza si è spinta oltre, affermando il principio per cui la prova del danno può, anche, provenire da una seria e specifica proposta di nuova locazione da parte dello stesso conduttore, poi non sfociata nella conclusione del contratto.

Il mancato rilascio e la sorte del deposito cauzionale

In caso di mancato o ritardato rilascio dell’immobile, il locatore è legittimato ad attingere dal deposito cauzionale versato dal conduttore al momento della costituzione del rapporto locatizio. E’ doverosa una precisazione: l’automatismo è possibile solo per l’indennità di occupazione. Nel caso di pretesa fondata sul maggior danno, affinché il trattenimento del deposito cauzionale da parte del locatore possa considerarsi legittimo (e non abusivo), proprio per il fatto che la liquidazione del maggior danno non è automatica ma necessita di essere provato, occorre che il locatore avvii un’azione giudiziaria volta all’accertamento dell’esistenza del danno e ammontare del suo risarcimento. Ovviamente, sempre che manchi il consenso del conduttore. Diversamente, la compensazione opererebbe per effetto del solo automatismo generato dall’accordo tra locatore e conduttore.

2. La buona fede del locatore (limiti al suo comportamento)

L’obbligazione del conduttore al pagamento dell’indennità di occupazione nel caso di ritardato rilascio dell’immobile (e per tutto il periodo dell’occupazione) è contemperato con il dovere del locatore di comportarsi secondo buona fede. Quello della buona fede è un dovere che è immanente nel nostro ordinamento giuridico (presente nella fase precontrattuale, in quella contrattuale e in quella esecutiva del negozio).

Il dovere di buona fede si esplicita nel dovere che una parte ha di collaborare e cooperare con l’altra affinché venga raggiunto, anche, l’interesse di quest’ultima (e fino a che ciò non comporti un apprezzabile sacrificio degli interessi della prima). Quindi, tornando al caso del ritardato rilascio dell’immobile:

  • il locatore ha il dovere di attivarsi prontamente nel richiedere al conduttore l’indennità di occupazione. Per cui è stato ritenuto abusivo il comportamento del locatore che, dopo aver prolungato la sua inerzia tale da ingenerare nel conduttore il convincimento di una remissione del debito, abbia richiesto il pagamento dell’indennità di occupazione maturata in misura integrale e maggiorata di interessi e rivalutazione;
  • il locatore ha il dovere di non rifiutare la consegna dell’immobile in presenza di contestazioni minimali riguardo al suo stato di manutenzione. In ciò confidando (in maniera abusiva) sull’indennità di occupazione posta a carico del conduttore per tutto il periodo di occupazione dell’immobile.

Danni all’immobile e buona fede del locatore.

In caso di presenza di danni al momento del rilascio, il diritto del locatore di rifiutare la riconsegna del bene deve essere parametrato all’entità dei danni lamentati:

  • se a essere contestato è uno stato di manutenzione che deriva dal non avere svolto lavori di piccola manutenzione, il rifiuto del locatore di prendere in consegna l’immobile è immotivato, potendo lui stesso eseguire dette opere e poi addebitarle a titolo di danno al conduttore. In caso di illegittimo rifiuto del locatore a prendere in consegna l’immobile, il conduttore può evitare la mora (da cui conseguirebbe il suo obbligo al pagamento dell’indennità di occupazione), offrendone la riconsegna al locatore. L’offerta non necessariamente deve assumere le modalità dell’offerta reale ai sensi dell’ 1209 c.c., fatta mediante atto notificato da ufficiale giudiziario. Può essere fatta anche con modalità diverse, purché tali da dimostrare la serietà, la concretezza e la tempestività della volontà del conduttore alla riconsegna dell’immobile;
  • se a essere contestato è uno stato di manutenzione che deriva dall’aver operato trasformazioni o innovazioni non autorizzate o dalla presenza di danni che eccedono il degrado dovuto al normale uso dell’immobile, il rifiuto del locatore è legittimo perché l’esecuzione delle opere che questo ultimo si dovrebbe accollare per il ripristino dell’immobile implicherebbe per lui una attività gravosa. In siffatta ipotesi il conduttore è tenuto a pagare al locatore le somme necessarie ai ripristini e, fino a pagamento avvenuto, anche l’indennità di occupazione.

3. L’obbligazione di rilascio dell’immobile e suo coordinamento con l’indennità di avviamento

Il diritto del locatore ai danni per ritardato rilascio va coordinato con il suo dovere (nel caso di locazione diversa dall’uso abitativo) di corresponsione al conduttore dell’indennità di avviamento (commerciale). Nella locazione commerciale (quella che comporti contatti diretto con utenti e consumatori) la cessazione del contratto di locazione, per fatto non imputabile al conduttore, genera il diritto di questo ultimo a percepire dal locatore l’indennità di avviamento. Lo scopo dell’indennità è quella di tutelare, appunto, l’avviamento “commerciale” dipendente dall’esercizio della attività in un determinato luogo, con il fine di dissuadere il locatore dal far cessare il rapporto e mettere, diversamente, il conduttore nella condizione di essere facilitato nella apertura della medesima attività in luogo diverso.

L’importo dell’indennità di avviamento commerciale è predeterminato dal legislatore a seconda della tipologia di attività esercitata:

  • se commerciale, industriale, artigianale, di interesse turistico, l’indennità è uguale a 18 mensilità del canone percepito durante la pendenza del rapporto;
  • se relativa ad attività alberghiere, l’indennità è pari a 21 mensilità di canone.

L’indennità di avviamento non è dovuta se il rapporto locatizio viene meno per fatto del conduttore (inadempimento, disdetta, recesso).

4. Effetti del mancato pagamento dell’indennità di avviamento

Cosa succede se il locatore, alla data di cessazione del rapporto non per fatto del conduttore, non paga l’indennità di avviamento?

Il conduttore non è tenuto alla restituzione dell’immobile al locatore. Egli ha il diritto di ritenere l’immobile fino a quando non abbia ricevuto il pagamento dell’indennità di avviamento.

Però, per tutto il tempo di permanenza nell’immobile il conduttore è obbligato al pagamento dell’indennità di occupazione (fino alla data dell’effettivo rilascio), a meno che non abbia offerto al locatore la restituzione del bene condizionandola al ricevimento dell’indennità di avviamento.

È invece esonerato dal risarcimento del “maggior danno” se, a causa della perdurante occupazione del bene, il locatore non abbia potuto utilizzare l’immobile a condizioni più vantaggiose.