Non sono pochi i casi in cui, complice l’afa estiva, ci si trovi dinanzi a opere aventi a oggetto una convulsa installazione, su parti condominiali, di motori esterni di impianti di condizionamento privati.
Le informazioni presenti sui principali motori di ricerca sul web inducono a ritenere che i proprietari siano portatori di diritti insindacabili. Spesso si tratta di informazioni fuorvianti, frutto di una scarsa conoscenza dei diritti e dei doveri che scaturiscono dal Codice civile. Non è raro imbattersi, infatti, in affermazioni secondo cui “se il proprio condizionatore non impedisce agli altri analogo uso della cosa comune (es., della facciata) l’installazione non può essere vietata”: il che equivale a dire che, finché c’è spazio, sulla facciata condominiale si può installare ogni genere di apparecchio; oppure altre per cui il proprietario dell’appartamento potrebbe procedere in autonomia “non essendo l’estetica una scusa per impedire a priori il montaggio del condizionatore”. Con buona pace dei diritti della collettività (condominiale) alla quale, quindi, non resterebbe che ricorrere a una tutela ex post.
Le cose non stanno in questi termini. Fortunatamente.
La facciata condominiale: la preventiva autorizzazione all’uso e i limiti all’utilizzo.
La facciata condominiale è un bene comune (v. art. 1117 c.c.). I balconi appartengono in via esclusiva al proprietario di questa. Tuttavia, i rivestimenti e gli elementi decorativi della parte frontale e di quella inferiore del balcone (a differenza della soletta e del pavimento che sono di proprietà esclusiva della corrispondente unità immobiliare in quanto suo naturale prolungamento) si devono considerare beni comuni quando si inseriscono nel prospetto dell’edificio. Parapetti e ringhiere dei balconi quindi sono, al pari della facciata, beni condominiali. Sono dunque soggetti alla stessa tutela.
Nel contesto condominiale ciascuno dei partecipanti ha pari diritto sulle cose comuni e può farne un uso paritetico agli altri. La norma principe è l’art. 1102 c.c. secondo cui: “ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto”.
Tale utilizzo deve essere autorizzato. Chi intende fare un utilizzo del bene comune senza avere l’esplicito consenso degli altri comproprietari non lo può fare. Il che costituisce una prima importante risposta alla affermazione in premessa secondo cui l’installazione in facciata di un condizionatore potrebbe avvenire in autonomia in quanto l’installazione del proprio non impedirebbe agli altri di procedere analogamente.
Quando l’autorizzazione è vietata.
L’autorizzazione però non è scontata. Deve ritenersi vietata, ai sensi dell’art. 1120 c.c. in quanto non diretta al miglioramento o all’uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni, l’innovazione che alteri le linee architettoniche dell’edificio, e anche quella che, più semplicemente, incida negativamente sull’aspetto armonico di esso. Per la Corte di Cassazione per decoro architettonico “deve intendersi l’estetica del fabbricato data dall’insieme delle linee e delle strutture che connotano lo stabile e gli imprimono una determinata, armonica fisionomia e una specifica identità” (cfr. Cass. 851 del 2007). Sempre secondo i giudici di legittimità, il decoro architettonico non appartiene ai soli edifici di particolare pregio storico-artistico; ma ad ogni fabbricato nel quale possa individuarsi “una linea armonica, sia pure estremamente semplice, che ne caratterizzi la fisionomia” (così Cass. n. 10350/2011; Cass. n. 8830/2008).
In altri termini, il diritto del condomino a servirsi del bene comune (nella specie della facciata per l’installazione di un condizionatore a servizio del godimento della propria unità immobiliare) deve essere contemperato con il diritto di tutti i condomini a non vedere danneggiato il decoro e l’estetica dell’edificio.
Per cui, integra una lesione del decoro architettonico dello stabile l’installazione di motori dell’aria condizionata da parte del condomino allorché essi insistano, in maniera ben visibile, sulla facciata condominiale (T. Roma, 4 ottobre 2017, n. 18652).
E non ha alcuna rilevanza nemmeno la presenza di altri condizionatori sul muro perimetrale (cfr., T. Treviso, 12 maggio 2021). In sostanza, non rileva che il decoro architettonico sia stato già gravemente ed evidentemente compromesso da precedenti interventi sull’immobile; quello che rileva è che la nuova opera contribuisca ad alterate, in modo visibile e significativo, la particolare struttura e la complessiva armonia della facciata che conferiscono al fabbricato una sua specifica identità.
La tutela riservata ai comproprietari.
Resta dunque da chiarire se l’installazione (non autorizzata) del motore di un condizionatore sulla facciata condominiale possa integrare un’ipotesi di “molestia” del possesso. Ossia se essa incida sul godimento della cosa, disturbando o rendendo disagevole o scomodo l’esercizio del possesso. E se i condomini possano avvalersi della tutela di cui all’art. 1170 c.c.
Ai sensi dell’articolo appena citato colui che è stato molestato nel possesso di un immobile, di un diritto reale sopra un immobile o di una universalità di mobili può, entro l’anno dalla turbativa, chiedere la manutenzione del possesso medesimo (v. art. 1170 c.c.). Non è questa la sede per addentrarsi nei tecnicismi della norma. Quello che deve, invece, sottolinearsi è l’obbiettivo dell’azione di manutenzione: la cessazione delle molestie e le turbative arrecate al possesso. In sostanza la rimozione dell’evento lesivo.
Nella questione che ci occupa, l’installazione di motori dell’aria condizionata sulla facciata condominiale (ovvero nella ringhiera/parapetto del balcone), quando integra una lesione del decoro architettonico dello stabile, costituisce una turbativa tutelabile con l’azione possessoria. Il decoro architettonico del fabbricato condominiale costituisce un “bene comune” e, coerentemente, la “facciata e il relativo decoro architettonico di un edificio costituiscono un modo di essere dell’immobile e così un elemento del modo di godimento da parte del suo possessore”, si che la modifica della facciata, comportando un’interferenza nel godimento medesimo, può integrare una indebita turbativa suscettibile di tutela possessoria” (Cass. 4109/1985; nonché in tal senso: Trib. Brescia 28 aprile 2021, n. 1178).
Il fine, il risultato pratico dell’azione è, quindi, la rimozione del manufatto.