Commento al provvedimento
La legislazione emergenziale che si è succeduta non ha introdotto disposizioni specifiche a tutela dei contrapposti interessi i quali continuano a essere regolati dalla disciplina generale in materia di contratti.
Per quel che è di interesse rilevare con riguardo ai contratti locatizi di beni produttivi non sembra poter trovare applicazione il rimedio della impossibilità sopravvenuta – liberazione del conduttore dal pagamento dei canoni, riduzione ovvero sospensione (art. 164 c.c.) – in quanto la prestazione posta a carico del locatore continua a essere possibile, ancorché depressa l’utilità attesa dal locatore.
L’eccezionale aggravamento economico conseguente alla emergenza da Covid-19 (straordinaria e imprevedibile) potrebbe legittimare il conduttore alla risoluzione del contratto. La parzialità del rimedio sta, però, nella sua “propensione demolitoria” e non conservativa del contratto. Soltanto il locatore potrebbe evitare la risoluzione offrendo di modificarne equamente le condizioni (art. 1467 c.c.).
Ancorché le disposizioni in materia di contenimento del virus si siano tradotte in un drastico ridimensionamento del fatturato, l’eventuale crisi di liquidità del conduttore rimane a suo carico. Tuttavia, il dovere di buona fede nella esecuzione del contratto (inteso come dovere solidaristico che si traduce nella salvaguardia anche dell’interesse dell’altro contraente) sembra poter assurgere a strumento di salvaguardia del rapporto e di adattamento dello stesso alle circostanze e esigenze sopravvenute, senza alterare il principio della autonomia privata. La rinegoziazione del contratto diventa, quindi, un passaggio obbligato, con la conseguenza che chi si sottrae a esso (in maniera non costruttiva, non equilibrata e ingiustificata) commette una grave violazione del regolamento contrattuale.