Dopo aver affrontato, nel precedente articolo, il tema del diritto di prelazione nella locazione commerciale, approfondiamo quello (conseguenziale) delle “eccezioni”, ossia delle fattispecie in cui il diritto di prelazione non trova applicazione. Ai sensi dell’articolo 38 della legge n. 392/1978, il diritto di prelazione riconosce al conduttore di immobile commerciale (che ivi eserciti una attività a contatto con il pubblico) il diritto ad essere preferito, rispetto al terzo, nel caso di vendita dell’immobile. L’interesse perseguito dal Legislatore è quello di tutelare l’avviamento commerciale. Nel contempo, di consolidare ed espandere l’apparato produttivo del Paese.
Vi sono, però, dei casi in cui il diritto di prelazione non opera.
INDICE
- Eccezioni che derivano direttamente dalla Legge
- Eccezioni dipendenti dal modo in cui avviene la vendita
- Eccezioni che dipendono dal bene compravenduto
- Conoscere le eccezioni al diritto di prelazione
1. Eccezioni che derivano direttamente dalla Legge ↑
L’intesse che il legislatore intende tutelare è escluso, ai sensi dell’art. 38, ultimo comma, Legge n. 392/1978, in presenza di altra causa di prelazione legale (retratto successorio ex art. 732 cod. civ.) o con riguardo al principio di solidarietà familiare fra congiunti stretti (coniuge e parenti entro il secondo grado).
Quando il trasferimento riguardi la quota, o parte di essa, di una eredità, e insieme a essa sia trasferito anche l’immobile locato, la sua attuazione non vale a integrare il presupposto che, per legge, condiziona l’insorgenza del diritto di prelazione del conduttore (cfr., Cass. 19 maggio 1988, n. 3466). Analogamente nel caso in cui il coerede ceda a terzi estranei all’eredità la sua quota di eredità (cfr. Cass. 9 giugno 2010, n. 13838).
Nell’ipotesi di vendita al coniuge o a un prossimo congiunto, la finalità perseguita è quella di privilegiare l’interesse “familiare” rispetto a quello di chi (ancorché conduttore) sia estraneo al nucleo familiare.
Però ove il congiunto sia, anche, il conduttore dell’immobile, l’interesse di questo ultimo a essere preferito riprende vigore. Per cui, a parità di parentela, il conduttore in quanto tale mantiene il pieno diritto di prelazione, non sussistendo più la ragione impeditiva di cui all’ultimo comma dell’art. 38 (cfr. Cass. 19 aprile 1991, n. 4259).
2. Eccezioni dipendenti dal modo in cui avviene la vendita ↑
Dalla formulazione letterale dell’art. 38, Legge 27 luglio 1978, n. 392 emerge che il presupposto della prelazione è la “volontarietà” della vendita (intesa come intendimento del locatore di vendere l’immobile locato) e la natura “onerosa” dell’atto (pagamento di un prezzo).
Volontarietà dell’atto di vendita
Con riguardo alla volontarietà dell’atto, nel corso degli anni la giurisprudenza ha escluso l’operatività della prelazione nel caso di:
- vendita forzata (cfr., Cass. 16 dicembre 1996, n. 11225). Si segnala, però, un precedente contrario (cfr., T. Ancora, 13 febbraio 1981, in Vita not. 1982, 75 (nota); e
- vendita disposta nell’ambito di procedura liquidazione giudiziale del locatore (cfr., Cass. 30 maggio 1984, n. 3298).
In entrambe ipotesi la vendita è coattiva (i.e., attivata su impulso dell’autorità giudiziaria), incompatibile con il carattere “liberamente dispositivo” della cessione propria dell’art. 38, Legge 27 luglio 1978, n. 392.
L’esigenza perseguita (che prevale sull’interesse del conduttore) è quella di non intralciare, nelle procedure di smobilitazione coattiva del patrimonio del debitore (siano esse singolari, come il caso della procedura esecutiva, ovvero collettive, come nel caso di vendita disposta in una procedura di liquidazione giudiziale), l’interesse del ceto creditorio a un pronto soddisfacimento del proprio credito.
Lo stesso avviene nel caso di vendita disposta nell’ambito di un concordato preventivo con cessione dei beni ai creditori: anche in questa ipotesi il conduttore di immobile adibito a attività commerciale perde il diritto di prelazione di cui all’art. 38 l. 27 luglio 1978 n. 392 (cfr. Cass. 18 maggio 2012, n. 7931).
La prelazione è stata parimenti esclusa nel caso di divisione giudiziale di immobile non comodamente divisibile e attribuzione di esso a uno dei comproprietari ai sensi dell’art. 720 c.c. (Cass. civ., 18 settembre 1991, n. 974899). Infatti, a mancare è la volontarietà del trasferimento, poiché l’incanto è la conseguenza diretta del fatto che nessuno dei comunisti è disponibile alla vendita della propria quota.
Di converso è stata riconosciuta la prelazione nel caso di vendita disposta nell’ambito di un giudizio di divisione giudiziale (cfr., Cass. 29 marzo 2012, n. 5069) perché – si è affermato – l’esercizio del diritto di prelazione si colloca in una fase della procedura in cui il prezzo è definitivo (all’esito del subprocedimento di vendita) con relativa aggiudicazione; quindi l’esercizio del diritto non costituisce intralcio alla procedura (confr. Cass. civ. 11 febbraio 2004, n. 2576; Cass. civ. 20 ottobre 1999, n. 11760 e, sia pure indirettamente, Cass. sez. un. 14 maggio 1981, n. 3163).
Natura onerosa dell’atto di trasferimento
La previsione normativa della natura onerosa dell’atto (art. 38, Legge n. 392/1978) ha indotto la giurisprudenza a escludere la prelazione nel caso di trasferimento avvenuto per il tramite di permuta.
Lo stesso nel caso di conferimento di beni in società in quanto il conferimento di quota societaria non costituisce la componente di un contratto di scambio e, come tale, non solo non è equiparabile a una compravendita (laddove il corrispettivo in denaro rappresenta la controprestazione del trasferimento di proprietà della cosa); ma, più in generale, non rientra nel novero delle alienazioni a titolo oneroso (cfr., Cass. 17 luglio 2012, n.12230).
3. Eccezioni che dipendono dal bene compravenduto ↑
Altro presupposto fondamentale perché sorga il diritto di prelazione (e il diritto di riscatto di cui agli art. 38 e 39 l. n. 392 del 1978) è la perfetta identità tra il bene compravenduto e quello condotto in locazione.
Quanto sopra ha indotto la giurisprudenza a escludere la prelazione nel caso di vendita di una quota del bene venduto (Cfr. Cass. 28 agosto 2020, 17992).
Oppure nel caso in cui a essere trasferito non sia direttamente l’immobile in cui viene esercitata l’attività commerciale, industriale, artigianale etc. che comporti contati con il pubblico, ma la quota della società detentrice del bene. La cessione della quota, infatti, non mutando la titolarità del bene locato, non costituisce un “trasferimento” in senso stretto, né l’art. 38 della Legge n. 392 del 1978 accorda al conduttore il diritto di prelazione nel caso di trasferimenti effettuati con negozi diversi dalla compravendita (cfr. Cass., 29 maggio 2012, n. 8567).
Lo stesso avviene nel caso in cui a essere venduti dal venditore siano una pluralità di beni, tra cui anche quello oggetto di esercizio di attività commerciale da parte del conduttore. Qui, però, bisogna fare un distinguo tra:
- vendita in blocco (che esclude il sorgere del diritto del conduttore alla prelazione di legge),
- vendita cumulativa (che, limitatamente all’immobile condotto in locazione, non fa venire meno il diritto del conduttore alla prelazione legale).
Quando si ha vendita “in blocco”?
Si ha vendita in blocco in caso di:
- vendita di un edificio cielo/terra;
- vendita, con un unico atto o con atti separati ma collegati tra di loro, di immobili che, sotto il profilo strutturale o funzionale o anche soggettivo, costituiscono un unicum diverso rispetto alle singole unità che lo compongono è tale da costituire, secondo le intenzioni delle parti, un complesso unitario non frazionabile
Cosa non rileva e che, comunque, non è sufficiente a qualificare la vendita come “vendita in blocco”?
- La formale unicità dell’atto di trasferimento (perché sotto l’apparente unicità si potrebbe celare la vendita di più beni);
- la previsione di un unico prezzo (in quanto esso potrebbe costituire la mera sommatoria dei prezzi dei singoli immobili);
- il fatto che gli immobili siano confinanti o facciamo parte del medesimo compendio immobiliare.
Accertamenti in caso di vendita in blocco
Quindi, il giudice per accertare se sussista una vendita in blocco (e non una vendita cumulativa) non deve limitarsi all’esame della situazione oggettiva (ad esempio, il fatto che i beni siano venduti con un unico atto, che siano confinanti o che si tratti di tutti i beni del venditore contenuti in un edificio) ma deve indagare:
- se sussista un collegamento strutturale tra i beni;
- se l’intenzione dell’acquirente sia quella di avvalersi del collegamento strutturale per accorpare i beni e costituire un bene unico e diverso dai precedenti;
- se, alla luce del contratto e di tutti gli atti precedenti e quelli ancillari, a fronte della vendita di tutti i beni il venditore consegua un corrispettivo maggiore (astratto) rispetto alla semplice sommatoria dei prezzi di vendita dei singoli beni.
4. Conoscere le eccezioni al diritto di prelazione ↑
Una conoscenza approfondita delle eccezioni al diritto di prelazione consente ai proprietari, quando il diritto di prelazione non trova applicazione, di pianificare vendite efficienti e strategiche, evitando ritardi e complicazioni legali.