Di seguito forniamo delle precisazioni della giurisprudenza di merito riguardo alla fideiussione omnibus e alla nullità delle clausole che violano la normativa antitrust. Le clausole che riproducono, in epoca lontana, il modello ABI censurato da Banca d’Italia nel 2005 sono nulle solo in costanza di prova della condotta anticoncorrenziale della banca. La quale deve essere provata in maniera specifica e puntuale da chi ne contesta la validità. Come precedentemente commentato, i contratti di fideiussioni che ritrascrivono al proprio interno quelle clausole riproduttive in maniera pedissequa lo schema ABI di cui Banca d’Italia nel 2005 ha accertato la natura anticoncorrenziale, sono affetti da nullità relativa. Ciò vale anche se la fideiussione sia stata rilasciata anteriormente allo schema ABI anticoncorrenziale.

fideiussione omnibus

1. QUALI SONO LE CLAUSOLE NULLE

Già prima della predisposizione dello schema ABI le banche utilizzavano in maniera uniforme e standardizzata le clausole, poi formalizzate nello schema a dimostrazione di una pratica concordata (T. Roma, 8 agosto 2022, n. 12414). La stessa Banca d’Italia, nel sancire la nullità delle clausole in discorso, ha avuto modo di sottolineare che la sostanziale uniformità dei contratti utilizzati dalle banche rispetto allo schema uniforme ABI “discende da una consolidata prassi bancaria preesistente rispetto allo schema ABI (non ancora diffusi presso le associate)”. Il riferimento è alle clausole contenute agli articoli nn. 2, 6 e 8 dello schema in questione e, precisamente:

  • la “clausola di reviviscenza” (art. 2), secondo cui il fideiussore è tenuto “a rimborsare alla banca le somme che dalla banca stessa fossero state incassate in pagamento di obbligazioni garantite e che dovessero essere restituite a seguito di annullamento, inefficacia o revoca dei pagamenti stessi, o per qualsiasi altro motivo”;
  • la clausola di rinuncia ai termini ex art. 1957 c.c. (art. 6), in forza della quale “i diritti derivanti alla banca dalla fideiussione restano integri fino a totale estinzione di ogni suo credito verso il debitore, senza che essa sia tenuta ad escutere il debitore o il fideiussore medesimi o qualsiasi altro coobbligato o garante entro i tempi previsti, a seconda dei casi, dal’1957 c.c., che si intende derogato”
  • la clausola di sopravvivenza (art. 8), a termini della quale “qualora le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide, la fideiussione garantisce comunque l’obbligo del debitore di restituire le somme allo stesso erogate.

Si tratta, però, di una nullità relativa, nel senso che essa non colpisce l’intero contratto fideiussorio ma le sole clausole in oggetto, in quanto costituiscano applicazione di un’intesa anticoncorrenziale (cfr., Cass. sez. un., n. 41994/2021).

2. LE PRECISAZIONI ULTERIORI DELLA GIURISPRUDENZA DI MERITO

Il principio affermato dalla Corte di Cassazione è oramai pacificamente acquisito dalla giurisprudenza di merito che ne è seguita (cfr., di recente, C.d.A. Catania, 11 ottobre 2022, n. 1913; C.d.A. Milano, 6 luglio 2022, n. 2377; C.d.A. Torino, 28 giugno 2022, n. 721; T. Busto Arsizio, 4 ottobre 2022). Con una precisazione ulteriore, però. La nullità delle clausole per dedotta violazione della normativa concorrenziale non è automatica. Consegue solamente alla dimostrazione reale della condotta anticoncorrenziale della banca, laddove la stessa sia fatta valere nei confronti di contratti fideiussori sottoscritti molto tempo dopo lo schema ABI esaminato (e censurato) da Banca d’Italia nel 2005 (la cui istruttoria ha coperto l’arco temporale compreso tra il 2002 e il maggio 2005). Grava sull’attore, che intende farla valere in giudizio, l’onere della prova della sussistenza dell’intesa anticoncorrenziale della banca.

L’onere della produzione in giudizio del contratto di fideiussione e di quelli di raffronto

Come T. Milano, 14 luglio 2022, n. 6433 ha avuto modo di precisare, la parte che eccepisce la nullità della fideiussione (il fideiussore), per violazione della normativa antitrust, è onerata di produrre in giudizio il contratto di fideiussione oggetto di contestazione, il provvedimento di Banca d’Italia che ha accertato l’illegittimità dell’intesa per violazione dell’art. 2, L. n. 287/1990 – e ciò perché i provvedimenti amministrativi (come, appunto, è la decisione di Banca d’Italia) non sono valutabili dal giudice se non tempestivamente prodotti in giudizio – nonché di provare l’esistenza dell’intesa concorrenziale a cui ha partecipato la banca che ha redatto e formalizzato la fideiussione contestata. Infatti, se è vero che il provvedimento di Banca d’Italia vale come prova privilegiata, è altrettanto vero che ciò vale solamente con riguardo alle fideiussioni emesse nel periodo coperto dall’indagine (cfr. T. Milano 19 gennaio 2022, n. 294). Al contrario, in relazione a fideiussioni sottoscritte diverso tempo dopo il 2005, nessun indizio di intesa anticoncorrenziale può essere desunto dal solo fatto che nella singola fideiussione siano inserite le medesime clausole sanzionate da Banca d’Italia nel 2005. Dovendo chi intende fare valere l’eccezione dimostrare in concreto l’esistenza di detta intesa con la produzione, oltre che del modello ABI censurato da Banca d’Italia e della fideiussione contestata, anche di un considerevole numero di testi fideiussori assimilabili a quello oggetto di contestazione.

3. LA RECENTE DECISIONE DELL’ABF

L’indirizzo giurisprudenziale in questione, proprio di recente, è stato fatto proprio anche dall’ABF con la decisione n. 16511 del 29 dicembre 2022 con la quale ha chiaramente escluso che l’accertamento della Banca d’Italia possa estendersi de plano alle fideiussioni concluse in un periodo successivo al 2005 dovendo, a tal fine, l’attore dimostrare la persistenza della intesa antitrust a cui ha aderito la banca mediante una prova specifica e puntuale della diffusione del modello seriale del testo fideiussorio adottato. Pertanto, in assenza di una specifica dimostrazione della fattispecie anticoncorrenziale denunciata, la domanda di nullità relativa della fideiussione non può trovare accoglimento.