Abbiamo analizzato come la nullità di talune clausole inserite nei contratti di locazione a uso diverso da quello abitativo risponda all’esigenza di tutelare, al momento della stipula del contratto, la parte ritenuta dal legislatore più debole del rapporto, il conduttore.

La complessità normativa si riflette spesso nella stipula di contratti che devono navigare tra le scogliere di disposizioni legislative dettagliate e specifiche. Nel presente articolo, approfondiremo  la normativa specifica relativa alle grandi locazioni commerciali, contratti di locazione in cui il canone annuo pattuito supera i 250.000 euro. Qui, essendo il conduttore una realtà imprenditoriale consolidata e avente la capacità di negoziare il contenuto del contratto su basi più equilibrate, la previsione di clausole che, al di fuori di questa ipotesi, sono ritenute dal legislatore nulle non determina invalidità.

 

INDICE

  1. Equo canone e nullità dei contratti di locazione
  2. Le novità introdotte dal decreto “Sblocca Italia”
  3. Il presupposto della “grande locazione commerciale”

 

1. Equo canone e nullità dei contratti di locazione

Ai sensi dell’art. 79 Legge n. 392/1978 (Equo canone) è nulla ogni pattuizione, inserita in un contratto di locazione a uso diverso da quello abitativo, che sia diretta:

  • a limitare la durata legale del contratto,
  • ad attribuire al locatore un canone maggiore rispetto a quello pattuito nel contratto,
  • ad attribuirgli un altro vantaggio in contrasto con le disposizioni della legge.

La nullità prevista dall’art. 79 costituisce espressione della natura fortemente protettiva della parte debole del rapporto che dal legislatore è identificata “automaticamente” nel conduttore. Infatti, si presume che il conduttore, spinto dalla necessità di dare avvio alla sua attività di impresa, possa essere indotto ad accettare, al momento della stipula del contratto, condizioni onerose, forzatamente imposte dal locatore (che è, viceversa, considerata nella fase delle trattative contrattuali la parte forte).

2. Le novità introdotte dal decreto “Sblocca Italia”

Vi è un caso in cui il suddetto “automatismo” non si verifica, anzi si attua un automatismo di segno inverso. In tal caso si parte dal presupposto che il conduttore non sia parte debole del rapporto ma capace di confrontarsi alla pari con il locatore. Questo è ciò che è stato introdotto con l’art. 18 del decreto-legge n. 133 del 12 settembre 2014 (cd. decreto “Sblocca Italia”), convertito nella legge 11 novembre 2014, n. 164. L’art. 79 della Legge 392/1978 ha aggiunto un terzo comma che dispone: “In deroga alle disposizioni del primo comma, nei contratti di locazione di immobili adibiti ad uso diverso da quello di abitazione, anche se adibiti ad attività alberghiera, per i quali sia pattuito un canone annuo superiore a 250.000,00 euro e che non siano riferiti a locali qualificati di interesse storico a seguito di provvedimento regionale o comunale, è facoltà delle parti concordare contrattualmente termini e condizioni in deroga alle disposizioni della presente legge. I contratti di cui al periodo precedente devono essere approvati per iscritto”.

Il principio di base

Il principio sotteso alla legge è chiaro: si presume che se un soggetto è disponibile a farsi carico di un canone annuale di ammontare superiore a euro 250.000,00 è, evidentemente, dotato di capacità e mezzi per negoziare le singole clausole del contratto, assumendo scelte responsabili e non imposte dal locatore. Nella sostanza, alla forza contrattuale che il locatore ha, nella fase negoziale del contratto, si contrappone una forza negoziale analoga del conduttore.

3. Il presupposto della “grande locazione commerciale”

Le parti sono libere di inserire all’interno del contratto, clausole che derogano alle limitazioni previste dalla Legge 392/1978 a tutela del conduttore se:

  • il canone di locazione annuale è pattuito in misura superiore a euro 250.000,00;
  • la locazione non ha a oggetto beni qualificati di interesse storico da Regioni o Comuni.

 

Tali locazioni vengono comunemente individuate con il termine di “grandi locazioni” (derivando la denominazione dal controvalore del canone). Il contratto deve essere redatto in forma scritta.

A differenza di quanto avviene nelle locazioni commerciali con canone annuale al di sotto della soglia di legge (250.000,00 euro), ove previste, le clausole che limitano la durata del contratto attribuiscono al locatore un canone maggiore rispetto a quello pattuito e, in generale, attribuiscono al medesimo locatore un vantaggio in contrasto con le disposizioni di cui alla legge 392/78 (equo canone) sono valide.

Le clausole valide nella grande locazione commerciale

Nelle grandi locazioni commerciali possono essere oggetto di libera contrattazione tra le parti, e sono quindi valide, le clausole su:

  1. durata minima del contratto, in deroga all’art. 27 Legge 392/1978 che introduce una durata minima del rapporto;
  2. indennità di avviamento, in deroga all’art. 34 Legge 392/1978 che la prevede e che introduce il principio per cui essa non può essere preventivamente rinunciata dal conduttore;
  3. rinnovo automatico alla prima scadenza, in deroga all’art. 28 della suddetta Legge che, prevedendo una durata minima del contratto, vieta di fatto una rinuncia preventiva del conduttore al rinnovo che scatta in automatico alla prima scadenza;
  4. prelazione legale, in deroga all’art. 38 della medesima Legge che introduce il diritto del conduttore a essere preferito a terzi nel caso di vendita del bene (e sempre che la vendita avvenga alle stesse condizioni contrattuali proposte dal terzo). La rinuncia preventiva al diritto di prelazione è nulla;
  5. ammontare del deposito cauzionale, in deroga all’art. 11 Legge 392/1978 che stabilisce che il deposito cauzionale non può essere maggiore di 3 mensilità del canone;
  6. recesso per gravi motivi, in deroga all’art. 27 che riconosce al conduttore il diritto di recedere dal contratto nel caso in cui, successivamente alla stipula del contratto, sopraggiungano motivi estranei alla volontà del conduttore tali da impedirne la prosecuzione;
  7. limiti sulla indicizzazione del canone previsti dall’articolo 32 della suddetta Legge che prevede, per i contratti aventi una durata corrispondente a quella minima di legge, il diritto del locatore di chiedere una variazione in aumento del canone (indicizzazione) non superiore al 75% della variazione dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati;
  8. aumento del canone rispetto a quanto stabilito nel contratto;
  9. divieto di pagamento al locatore di una c.d. “buona entrata”, anche nel caso in cui il pagamento venga eseguito da un terzo (e non dal conduttore).

La capacità del conduttore di supportare, finanziariamente, il pagamento costante di un canone annuale rilevante (pari a oltre 250.000,00 euro) costituisce indice di capacità economica del conduttore e di forza contrattuale nella negoziazione del contratto, tale da non necessitare quella tutela legale che, altrimenti, la legge riconosce al conduttore “ordinario” (i.e., quello che paga un canone inferiore a 250.000,00 euro) che è considerato il soggetto debole del rapporto.