Nella prima parte del presente lavoro, alla luce delle prime pronunce di merito, abbiamo cercato di dare una risposta all’interrogativo se il conduttore sia legittimato a sospendere, ovvero autonomamente ridurre, momentaneamente, il canone nelle locazioni commerciali. Qui affronteremo, invece, il tema degli effetti durevoli che la legislazione emergenziale ha sui contratti commerciali, in particolare per quel che riguarda la modifica dell’ammontare del canone a cui, per contratto, il conduttore si è vincolato.
A seguito dell’emergenza epidemiologica da Covid-19 il nostro legislatore ha adottato misure straordinarie di contenimento della propagazione del virus che, per quanto in questa sede rileva, hanno imposto la chiusura di determinate attività commerciali e la restrizione della libera circolazione delle persone (si veda il d.l. 23 febbraio 2020, n. 6 Misure urgenti per evitare la diffusione del Covid-19, convertito con modificazioni in l. 5 marzo 2020, n. 13). Ulteriori misure restrittive sono state approvate nel 2020 con effetti che perdurano anche nel semestre in corso (2021). Misure di restrizioni ulteriori, anche in termini di limitazioni alla libera circolazione delle persone, sono state assunte a livello regionale.
Covid-19: gli effetti della normativa emergenziale sulle locazioni commerciali
Gli effetti che dette misure hanno avuto sull’esercizio dell’attività di imprese sono fatto notorio. Sotto gli occhi di tutti è, anche, l’impatto che le misure di contenimento hanno avuto sui rapporti locatizi, in particolare per quelli aventi a oggetto l’esercizio delle attività commerciali di cui il legislatore ha imposto la chiusura (bar, ristoranti, istituti di bellezza, palestre, piscine, centri sportivi, sale cinema etc.).
Occorre premettere che solo in via del tutto marginale il legislatore, a seguito dell’emergenza da Covid-19, è intervenuto nel dettare una disciplina delle locazioni commerciali in corso alla data di approvazione delle misure straordinarie risalenti al primo trimestre del 2020.
Il d.l. 17 marzo 2020, n. 18 (c.d. “Cura Italia”), convertito con modificazioni in l. 24 aprile 2020, n. 27, ha stabilito:
- all’art. 91: “il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è sempre valutato ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli artt. 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti” (comma aggiunto all’art. 3 del d.l. 23 febbraio 2020, n. 6);
- all’art. 103, comma 6: “L’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, anche ad uso non abitativo, è sospesa fino al 1° settembre 2020”. Sospensione estesa al 31 dicembre 2020 dal d.l. 17 marzo 2020, n. 18 – cd. “Decreto Cura Italia – convertito con modificazioni in l. 24 aprile 2020, n. 27. Termine che l’art. 13, comma 13, d.l. 30 dicembre 2020, n. 183 (c.d. milleproroghe), convertito con modificazioni in Legge 26 febbraio 2021, n. 21, ha differito al 30 giugno 2021 “limitatamente ai provvedimenti di rilascio adottati per mancato pagamento del canone alle scadenze e (…)”. Il suddetto termine è stato ulteriormente differito dal D.L. 22 marzo 2021, n. 41, convertito in L. 21 maggio 2021 n. 69 (c.d., decreto sostegni) come segue: (i) fino al 30 settembre 2021 per i provvedimenti di rilascio adottati dal 28 febbraio 2020 al 30 settembre 2020; e (ii) fino al 31 dicembre 2021 per i provvedimenti di rilascio adottati dal 1° ottobre 2020 al 30 giugno 2021.
L’unica norma che affronta il tema della riduzione del canone è contenuta nel d.l. 19 maggio 2020, n. 34 convertito con modificazioni con l. 17 luglio 2020, n. 77 (c.d. “Decreto Rilancio”) recante “Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”. La quale però si riferisce alle sole locazioni di palestre, piscine e impianti sportivi di proprietà di soggetti privati. L’art. 216, comma 3, così recita: “la sospensione delle attività sportive, disposta con i decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri attuativi dei citati d.l. 23 febbraio 2020, n. 6, e 25 marzo 2020, n. 19, è sempre valutata, ai sensi degli artt. 1256, 1464, 1467 e 1468 del codice civile, a decorrere dalla data di entrata in vigore degli stessi decreti attuativi, quale fattore di sopravvenuto squilibrio dell’assetto di interessi pattuito con il contratto di locazione di palestre, piscine e impianti sportivi di proprietà di soggetti privati. In ragione di tale squilibrio il conduttore ha diritto, limitatamente alle cinque mensilità da marzo 2020 a luglio 2020, ad una corrispondente riduzione del canone locatizio che, salva la prova di un diverso ammontare a cura della parte interessata, si presume pari al cinquanta per cento del canone contrattualmente stabilito”.
Nessuna altra disposizione di legge affronta espressamente il tema della riduzione del canone di locazione dei rapporti locatizi.
Covid-19: principi generali in tema di riduzione del canone delle locazioni commerciali
In termini generali va osservato che il conduttore può conseguire la riduzione del canone di locazione solamente dopo aver intrapreso l’azione giudiziaria volta all’accertamento del minor importo dovuto e avere ottenuto con sentenza l’accoglimento della domanda di riduzione.
Sono pacifici in giurisprudenza i seguenti principi:
- il pagamento del canone di locazione costituisce la principale e fondamentale obbligazione del conduttore. Al conduttore non è consentito astenersi dal versare il corrispettivo o di determinare unilateralmente il canone nel caso in cui si verifichi una riduzione o una diminuzione del godimento del bene, anche quando si assuma che tale evento sia ricollegabile al fatto del locatore. La modifica unilaterale dell’entità del canone di locazione costituisce grave inadempimento comportante la risoluzione del contratto (cfr., Cass. 13 ottobre 1997, n. 9955);
- la autoriduzione del canone (e, cioè, il pagamento di questo in misura inferiore a quella convenzionalmente stabilita) costituisce fatto arbitrario e illegittimo che provoca il venir meno dell’equilibrio sinallagmatico del negozio anche nell’ipotesi in cui detta autoriduzione sia stata effettuata dal conduttore in riferimento al canone dovuto a norma dell’art. 1578, primo comma, cod. civ., per ripristinare l’equilibrio del contratto, turbato dall’’inadempimento del locatore e consistente nei vizi della cosa locata. Tale norma, infatti, non dà facoltà al conduttore di autoridursi il canone, ma solo di domandare la risoluzione del contratto o una riduzione del corrispettivo, essendo devoluto al potere del giudice di valutare l’importanza dello squilibrio tra le prestazioni dei contraenti (T. Roma 2 settembre 2020, n. 12046);
- la sospensione totale o parziale dell’adempimento dell’obbligazione del conduttore è legittima soltanto qualora venga completamente a mancare la controprestazione da parte del locatore, costituendo altrimenti una alterazione del sinallagma contrattuale che determina uno squilibrio tra le prestazioni delle parti (cfr., ex multis, Cass. 29 marzo 2018, n. 7766; Cass. 27 settembre 2016, n. 18987; Cass. n. 261/2008; Cass. n. 24799/2008; Cass. n. 13887/2011; Cass. n. 8425/2006).
Non pare dubbio che l’impossibilità di utilizzazione del bene locato per le finalità cui esso è stato destinato, a cui il conduttore è andato incontro per effetto delle misure di contenimento decretate d’urgenza dal Legislatore, non è fatto imputabile al locatore. Nello stesso tempo è dato oggettivo che l’adozione dei provvedimenti governativi con i quali sono state disposte chiusure all’esercizio delle attività commerciali e, successivamente, limitazioni degli accessi della clientela ha determinato una situazione di sfavore a carico del conduttore. Questo ultimo, pur conservando la formale detenzione del bene locato, non è stato in grado di trarre da esso le utilità sottese alla stipula del contratto.
L’art. 1467 c.c. è norma generale che, nei contratti con prestazioni corrispettive, consente al soggetto, la cui prestazione sia divenuta eccessivamente onerosa, di chiedere la risoluzione del contratto (nella specie il conduttore che è onerato del pagamento del canone). Tale norma però non è parsa pienamente rispondere agli interessi di chi (conduttore) intende mantenere in vita il contratto di locazione ristabilendone il suo equilibrio. La risoluzione del contratto, infatti, porta con sé la perdita dell’avviamento commerciale.
La riduzione del canone in favore del conduttore può invece trovare legittimazione traendo argomento dal dato oggettivo che, a causa della chiusura forzata di determinate attività commerciali, è il locatore a essersi trovato nella condizione di non poter rendere fruibile l’immobile al conduttore nei termini contrattualmente convenuti, di modo che la prestazione a cui lo stesso è tenuto possa qualificarsi come parzialmente impossibile, ancorché in via temporanea.
L’art. 1464 c.c. dispone che “quando la prestazione di una parte è divenuta solo parzialmente impossibile, l’altra parte ha diritto a una corrispondente riduzione della prestazione da essa dovuta, e può anche recedere dal contratto qualora non abbia un interesse apprezzabile all’adempimento parziale”.
Si tratta però di norma che contempla una ipotesi di impossibilità parziale definitiva della prestazione. Al contrario nel caso delle restrizioni disposte a seguito dell’emergenza da Covid 19, ci si trova dinanzi a una ipotesi di impossibilità della prestazione del locatore che è parziale (perché la prestazione a cui il medesimo è tenuto divenuta impossibile quanto all’obbligo di consentire all’affittuario, nei locali aziendali, l’esercizio del diritto di svolgere l’attività di vendita al dettaglio, ma è rimasta possibile, ricevibile ed utilizzata quanto alla concessione del diritto di uso dei locali, e quindi nella più limitata funzione di fruizione del negozio quale magazzino e deposito merci) e, allo stesso tempo, temporanea (perché l’inutilizzabilità è limitata nel tempo e destinata a venir meno con la cessazione delle misure emergenziali.
Covid-19: la riduzione del canone delle locazioni commerciali: casi pratici
Si è quindi osservato che le conseguenze di tale vicenda sul contratto non sono, né solamente quelle della impossibilità totale temporanea (che comporterebbe il completo venir meno del correlato obbligo di corrispondere la controprestazione), né quelle della impossibilità parziale definitiva (che determinerebbe, ex art. 1464 c.c., una riduzione parimenti definitiva del canone).
Trattandosi di impossibilità parziale temporanea, il riflesso sull’obbligo di corrispondere il canone sarà dunque quello di subire, ex art. 1464 c.c., una riduzione destinata, tuttavia, a cessare nel momento in cui la prestazione del locatore potrà tornare ad essere compiutamente eseguita (T. Roma, 25 luglio 2020).
Analogamente, anche, Trib. Venezia, 28 luglio 2020 (ud. 28 luglio 2020) che ha sottolineato come “per il periodo da marzo 2020 a maggio 2020, nella quale l’attività commerciale è stata chiusa (c.d. lockdown), non si può parlare di un’impossibilità assoluta di godimento dell’immobile, ma di una mera – per quanto significativa – impossibilità soltanto parziale, dal momento che l’unità immobiliare è rimasta pur sempre nella disponibilità della conduttrice ed è stata utilizzata quantomeno con funzione di ricovero delle attrezzature e delle materie prime relative all’attività di ristorazione (…) appare, dunque, pertinente non tanto il richiamo all’art. 1463 c.c. ma piuttosto alla figura dell’impossibilità parziale temporanea, che giustifica nei contratti a prestazioni corrispettive o la riduzione della controprestazione o il recesso (cfr. artt. 1256,1258 e 1464 c.c.)” per cui “nel giudizio di merito, almeno con riferimento al periodo da marzo a maggio, sarà necessario determinare l’an e il quantum della riduzione del canone di locazione (non appare in discussione la volontà di parte intimata di proseguire il rapporto)”.Sulla scorta delle medesime argomentazioni il Tribunale di Roma, con successiva Ordinanza del 27 agosto 2020, ha ritenuto possibile modificare (ancorché in via cautelare atteso che la domanda era stata proposta con ricorso ex art. 700 c.pc.) i termini di un contratto di locazione a fronte del fatto che il conduttore aveva visto la propria attività ridotta a causa delle misure emergenziali, disponendo la riduzione dei canoni di locazione del 40% per i mesi di aprile-maggio 2020 e del 20% per i mesi da giugno a marzo 2021 a fronte del fatto che, anche dopo la riapertura dell’esercizio commerciale, l’accesso della clientela sarebbe stato, comunque, contingentato per ragioni di sicurezza sanitaria.
Dello stesso avviso anche T. Milano, 18 maggio 2021, n. 4355 che ha affermato che per effetto del c.d. lockdown l’obbligo a cui il locatore di immobili adibiti a esercizi commerciali è tenuto è rimasto adempiuto, per il periodo in questione, solamente in parte e che, anche la causa concreta del contratto (vale a dire la sua funzione economico-sociale) non si è realizzata pienamente.
Sono le argomentazioni giuridiche a essere diverse. Il Tribunale ambrosiano si è discostato dall’ipotesi di impossibilità prevista dall’art. 1464 c.c. in quanto la norma contempla il solo caso della impossibilità parziale definitiva della prestazione e non quella temporanea che contraddistingue, invece, i casi in esame.
L’analisi del Tribunale di Milano si è concentrata invece su quelle disposizioni che, in materia di locazioni, sono state dettate dal legislatore per preservare la corrispettività delle prestazioni e a rimediare ad eventuali alterazioni del contratto nel corso del rapporto prevedendo dei rimedi appositi per il conduttore in caso di sopravvenuta e temporanea limitazione nel godimento del bene per causa non imputabile al locatore.
Così, ad esempio, al conduttore è riconosciuto “il diritto a una riduzione del corrispettivo proporzionata all’intera durata delle riparazioni stesse e alla entità del mancato godimento” ove sull’immobile debbano essere eseguite riparazioni che si protraggano per oltre venti giorni (art. 1584 c.c.). Analogo diritto è riconosciuto al conduttore in caso di vizi originari o sopravvenuti imputabili al locatore “che ne diminuiscono in modo apprezzabile l’idoneità all’uso convenuto” (v. artt. 1578 e 1581 c.c.).
Come precisato dal Tribunale di Milano nella sopracitata pronuncia il riconoscimento del diritto del conduttore a una riduzione del canone, proporzionata alla sopravvenuta diminuzione del godimento, costituisce specifica applicazione di un principio generale che presiede la disciplina delle locazioni, quello della “sinallagmaticità” fra godimento e corrispettivo, per cui ove quel godimento non è attuabile secondo le previsioni contrattuali il conduttore è abilitato a pretendere una riduzione del relativo corrispettivo e financo legittimato alla risoluzione del rapporto quando quella diminuzione è tale da comportare il venir meno dello stesso interesse del conduttore alla persistenza della locazione (Cass. n. 3590/2992).