Società Benefit e B-Corp rappresentano due realtà differenti che spesso erroneamente sono sovrapposte. Il legislatore italiano è l’unico, tra quelli dei paesi dell’Unione Europea, ad avere dettato una disciplina specifica delle Società Benefit. Nel presente approfondimento cercheremo di mettere in evidenza il tratto distintivo delle une rispetto alle altre, concentrandoci poi sulle ragioni per le quali le Società Benefit italiane stanno riscuotendo un interesse sempre più crescente da parte di imprenditori e investitori.
Società benefit e b-corp: differenze
- Quando si parla di B-Corp ci si riferisce a quelle imprese che, oltre al profitto, perseguono l’obbiettivo di massimizzare l’impatto (e., beneficio) dell’esercizio dell’attività di impresa sui dipendenti, sulla comunità e sui territori in cui operano, sull’ambiente e verso gli stakeholder. La misurazione dell’impatto economico, ambientale e sociale dell’attività svolta viene, per scelta dell’organo amministrativo, demandata a un ente esterno indipendente. Essa avviene applicando un protocollo di analisi chiamato B Impact Assessment al cui positivo esito viene riconosciuta la certificazione B-Corp. La certificazione deve essere rinnovata poi ogni due anni. Le B-Corp sono quindi imprese che hanno conseguito una certificazione e possono usare il brand e il logo “Certified B-Corp” sui loro prodotti e in tutte le loro comunicazioni.
- Con la definizione Società Benefit in Italia, invece, ci si riferisce a un modello di società che, pur rientrando tra quelle disciplinate nel libro V, titoli V e VI, cod. civ., ha visto l’aggiunta, per decisione dei soci, nel proprio oggetto sociale del perseguimento di una o più finalità di “beneficio comune” nei confronti di persone, comunità, territori e ambiente, beni e attività culturali e sociali, enti e associazioni e altri portatori di interesse. Nella sostanza nelle Società Benefit sono i soci ad aver scelto il modello sociale benefit e l’obiettivo della sostenibilità, introdotto nello Statuto, deve essere perseguito indipendentemente dal management che guida l’azienda.
Le Società Benefit rappresentano un unicum nel panorama dell’Unione Europea in quanto il legislatore italiano è l’unico ad avere creato questa nuovo modello societario. L’intento è quello di favorire l’esercizio dell’attività di impresa creando un collegamento tra attività economica e utilità economica. Nella sostanza, le SB sono aziende for profit che adottano per Statuto un modo di fare impresa socialmente responsabile. Le ricadute positive derivano dall’impatto sociale del modello e dall’esigenza, sempre più sentita anche dagli investitori (non solo istituzionali), di massimizzare il profitto bilanciandolo con il perseguimento di finalità sociali.
Le caratteristiche e la normativa delle società benefit in Italia
La disciplina specifica delle Società Benefit è contenuta negli artt. 276-383 Legge 28 dicembre 2015, n 208 (in vigore dal 1° gennaio 2016). Essa si aggiunge (e non si sostituisce) a quella generale dettata dal codice civile per il tipo societario prescelto dai soci per fare impresa.
L’articolo 377 Legge 28 dicembre 2015, n. 208 precisa che la finalità di beneficio comune, propria delle Società Benefit, può essere perseguita da ciascuna delle società di cui al Libro V, titoli V e VI cod. civ. Quindi:
- dalle società semplici (artt. 2251-2290 c.c.),
- dalle società in nome collettivo (artt.2291-2312 c.c.),
- dalle società in accomandita semplice (artt. 2313-2324),
- dalle società per azioni (artt. 2325- 22448 cc.),
- dalle società in accomandita per azioni (artt. 2452-2461 c.c.),
- dalle società a responsabilità limitata (artt. 2462 -2483 c.c.),
- dalle società cooperative (artt. 2511 -2548 c.c.).
Le quali, per quanto riguarda gli aspetti inerenti il perseguimento del beneficio comune, doveri di amministrazione e verifica di impatto sono assoggettate alla disciplina di cui al citato dettato legislativo.
Come anticipato, la Società Benefit deve indicare nel proprio oggetto sociale “le finalità specifiche di beneficio comune che intende perseguire”. È quindi possibile dare vita alla costituzione di una Società Benefit, ma anche introdurre il perseguimento di un beneficio comune per le società già costituite mediante modifica dell’atto costitutivo e dello Statuto sociale (art. 379 Legge 28 dicembre 2015, n 208).
Accanto alla denominazione possono essere introdotte le parole “Società Benefit” ovvero l’abbreviazione “SB”; tale denominazione può essere utilizzata nella documentazione della società, nelle comunicazioni verso terzi e nei titoli emessi. Il che sembra rispondere a una logica di favorire la diffusione del modello societario Società Benefit consentendo il delinearsi di situazioni vantaggiose verso coloro (investitori, imprenditori, dipendenti, manager) che siano attratti dai temi della sostenibilità. È, però, altrettanto attento il Legislatore a precisare all’articolo 384 Legge 28 dicembre 2015, n 208 che la Società Benefit, che materialmente non persegua le finalità di beneficio comune che si è dato nell’oggetto sociale, è soggetta alle disposizioni di cui al decreto legislativo 2 agosto 2007, n. 147 in materia di pubblicità ingannevole, nonché a quelle del Codice del Consumo. L’intenzione è quella di evitare sul nascere una forma di sfruttamento sterile del nuovo modello societario da parte di chi pensi di trarne profitto tradendo però la vera finalità sottesa al fare impresa perseguendo una finalità di beneficio comune.
Il perseguimento di tale obbiettivo rappresenta un dovere a cui l’organo amministrativo è soggetto, al pari di quelli a cui gli stessi amministratori sono tenuti a seconda del tipo societario governato.
L’art. 380 Legge 28 dicembre 2015, n 208 è chiaro, infatti, nel sottolineare che la Società Benefit deve essere amministrata in modo da bilanciare “l’interesse dei soci, il perseguimento delle finalità di beneficio comune egli interessi delle categorie indicate nel comma 376 (persone, comunità, territori e ambiente, beni e attività culturali e sociali, enti e associazioni ed altri portatori di interesse) conformemente a quanto previsto dallo statuto”.
Tra gli obblighi dell’organo gestorio vi è anche quello di individuare il soggetto a cui affidare, nello specifico, funzioni e compiti per il perseguimento delle suddette finalità.
L’inosservanza di tali obblighi è causa di responsabilità per gli amministratori ai sensi dell’art. 381. Specificamente gli amministratori saranno responsabili:
- per il mancato bilanciamento degli interessi dei soci con quelli dei terzi;
- per la mancata individuazione del soggetto responsabile di cui all’art. 380 Legge 28 dicembre 2015, n 208;
- per la mancata predisposizione della relazione annuale di cui all’art. 382.
Se l’intento del legislatore è quello di promuovere un modo di fare impresa sensibile ai temi della responsabilità, sostenibilità e trasparenza nel perseguimento di un beneficio comune è evidente che il modello di Società Benefit non poteva rimanere ancorato ad una mera descrizione contenuta nello Statuto sociale.
Per questo motivo le Società Benefit sono tenute a descrivere annualmente, in un’apposita relazione, gli obbiettivi specifici, le modalità e le azioni attuati per il perseguimento del beneficio comune e i nuovi obbiettivi che si intendono perseguire nell’esercizio successivo. La relazione deve essere allegata al bilancio.
L’impatto delle azioni esercitate, annualmente, dalla Società Benefit per il perseguimento del beneficio comune viene valutato da un esperto indipendente dotato di specifica competenza, il cui esito il legislatore ha voluto che fosse pubblico e inserito nella relazione annuale allegata al bilancio societario.
L’impulso per lo sviluppo di questo nuovo modello societario è stato rafforzato anche di recente. In sede di conversione del Decreto legge 19 maggio 2020, n. 34 (c.d. decreto rilancio) l’art. 38-ter Legge 77/2020, denominato “Promozione del sistema delle società benefit”, ha introdotto un contributo, sotto forma di credito d’imposta nella misura del 50%, per abbattere i costi di costituzione delle Società Benefit o di “trasformazione” in SB sostenuti a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione fino al 31 dicembre 2020 (termine che la legge di conversione del Decreto legge n.183/2020, c.d. decreto Milleproroghe, ha ulteriormente differito al 30 giugno 2021).
Società benefit e b-corp Italia, criteri di misurazione dello shared value
Larry Flink, CEO di Black Rock così concludeva, nel 2018, la sua lettera annuale ai vertici delle società partecipate “(…) Le società devono porsi delle domande: quale è il nostro ruolo nella comunità? Come gestiamo il nostro impatto sull’ambiente? Ci impegniamo abbastanza per promuovere la diversità tra i nostri collaboratori? Ci stiamo adattando al cambiamento tecnologico? Offriamo i percorsi di riqualificazione e le opportunità di cui avranno bisogno i dipendenti e la nostra stessa attività per vivere in modo sempre più automatizzato? (…). Oggi i nostri clienti – gli effettivi proprietari delle società – vi chiedono un livello di leadership e di chiarezza in grado di sostenere non solo i loro rendimenti d’investimento ma anche la prosperità e la sicurezza dei loro cittadini”.
Il concetto di sviluppo sostenibile – sdoganato da Larry Flink la prima volta nel 2018 e poi ribadito negli anni successivi – ha acquisito, con il tempo, sempre maggior forza nell’individuazione delle strategie di business e di comunicazione delle imprese. Da una parte il Mercato è alla ricerca di brand e prodotti trasparenti in cui riconoscersi, dall’altra è cresciuta la consapevolezza dei profondi impatti e della relativa responsabilità che le imprese hanno nei confronti dell’ambiente che le circonda e degli stakeholders.
I diversi stakeholders hanno dimostrato negli ultimi anni una sensibilità sempre maggiore nei confronti dei valori di sostenibilità, etica, sicurezza e trasparenza.
Per cui sempre più imprese guardano al tema della responsabilità sociale d’impresa come a una opportunità di business.
All’esito di una ricerca condotta da The European House – Ambrosetti pubblicata nella Sintesi del terzo Advisory Board WWPP/The European House Amborsetti, 2019, intitolato “Il ruolo della comunicazione per la società di domani – Generare valore e cambiamento culturale” è emersa una “correlazione positiva tra sostenibilità e produttività: rispetto alle aziende non sostenibili, quelle lievemente sostenibili presentano una produttività superiore del 4,5%, quelle mediamente sostenibili del 7,9%, quelle altamente sostenibili del 10,2%”.
Per ottenere profitti a lungo termine le aziende sono tenute a considerare seriamente queste nuove esigenze di azionisti, clienti, fornitori, dipendenti e investitori.
Il crescente interesse degli investitori, anche istituzionali, alle imprese che hanno messo al centro della propria attività il loro impatto sociale e ambientale è dipendente dal fatto che esse vengono reputate più trasparenti relativamente ai rischi non finanziari e quindi di medio-lungo termine.
La capacità di conciliare il proprio business con il valore condiviso o shared value è diventato quindi uno dei fattori determinanti per la crescita aziendale.
Più una società riuscirà a dimostrare il proprio scopo nel generare valore per i propri clienti e dipendenti e per le comunità di riferimento, più diventerà competitiva e potrà generare profitti duraturi a lungo termine per gli azionisti.
Shared value, valore condiviso o beneficio comune: cosa sono?
Con l’espressione “beneficio comune”, in base all’art. 378 della L. 208/2015, ci si riferisce al perseguimento di uno o più effetti positivi su comunità, ambiente, territori, beni e attività culturali e sociali, associazioni ed enti e altri portatori di interesse, nell’esercizio dell’attività economica. Questa definizione comprende anche l’impegno a ridurre gli effetti negativi sui medesimi soggetti.
Nelle Società Benefit al centro del principio di shared value c’è la necessità di far coesistere il beneficio ambientale/sociale con l’obiettivo economico. L’elemento che contraddistingue lo shared value proprio della Società Benefit è l’attenzione dell’impatto sociale del progetto di impresa.
La SB non agisce secondo il paradigma “classico”, ossia per produrre e poi per redistribuire alle persone e al territorio circostante, ma fa entrare ex ante il sociale nel processo produttivo. In altri termini, non rientra nel concetto di Società Benefit la mera distribuzione di parte dei profitti a progetti a valenza sociale, quanto piuttosto l’attuazione di programmi di investimento che producano valore nuovo e durevole capace di produrre, fin da subito, effetti eticamente apprezzabili e di restituire all’azienda un vantaggio economico.
B-Corp e società benefit: come creare valore condiviso
Le possibilità di creare valore sono differenti a seconda del settore di riferimento, delle propensioni del management, dell’ubicazione della società, ecc. Per mettere in atto tale strategia è necessario:
- riconoscere i benefici o i danni provocati dai propri prodotti;
- identificare alcuni bisogni sociali insoddisfatti e un mercato di riferimento;
- ridefinire i prodotti sulla base degli aspetti emersi.
Se dall’analisi emerge che l’impresa produce danno all’ambiente, al territorio e alla comunità, sarà indispensabile intervenire sui metodi di lavoro e sulla catena del valore.
Elaborare un piano per conseguire il beneficio comune
Alcuni elementi da tenere tipicamente in considerazione nell’attivazione di un’impresa che voglia trasformarsi in Società Benefit o B-Corp sono:
- il rapporto tra logistica ed energia nei diversi livelli della supply chain,
- l’utilizzo di risorse scarseggianti da risparmiare attraverso l’individuazione di risorse alternative, riciclo o riutilizzo, al fine di determinare risparmio economico;
- la gestione degli acquisti, soprattutto quando è condizionata negativamente dalla corsa al ribasso dei prezzi. Ciò danneggia sia i fornitori sia l’economia aziendale che infatti non beneficia di fornitori che crescano in termini di prestazioni e professionalità.
L’impresa dovrà elaborare un piano che specifica gli obiettivi individuati e le azioni che vuole intraprendere per perseguirli. Andranno indicate anche le risorse di capitale da investire e gli strumenti che si useranno per il monitoraggio delle azioni intraprese.
La misurazione del valore delle società benefit in Italia
Il fattore che contraddistingue le SB è la misurazione del valore creato grazie al modello di business efficace. La verifica dell’impatto benefico ottenuto dalle società permette alle stesse di guadagnare la reputazione di modello aziendale virtuoso e di successo.
La misurazione del valore risulta essenziale per identificare obbiettivi e costi necessari per raggiungerli e confrontarli con i benefici al fine di comprendere come gli stessi possono contribuire a migliorare la produttività dell’impresa, monitorare il processo di sviluppo e la sua efficienza (in termini appunto di rapporto tra benefici sociali e quelli economici). Inoltre, consente di offrire a banche e investitori la dimostrazione della capacità aziendale di creare valore e svilupparlo nel tempo.