Il trust è un istituto di origine anglosassone che, grazie alle sue peculiari connotazioni di duttilità e flessibilità, rappresenta uno strumento giuridico idoneo a perseguire lo scopo di tutelare i propri beni e agevolare la realizzazione di variegate finalità (non solo attinenti alla sfera patrimoniale strettamente personale: si pensi, ad esempio, alla tutela di soggetti deboli, allo svolgimento di attività filantropiche, all’organizzazione del passaggio generazionale di aziende e/o patrimoni).

Nel corso degli ultimi anni, si è assistito ad un sempre più frequente utilizzo di tale istituto anche nel panorama artistico e culturale, grazie al crescente interesse per le opere d’arte quali strumenti di investimento e alla diffusione di figure professionali specializzate nella consulenza finalizzata alla gestione efficace e organizzata del patrimonio artistico dei collezionisti.

Le principali caratteristiche del trust

Il trust trae origine dall’esperienza giuridica di common law ed è entrato a far parte dell’ordinamento italiano a seguito della ratifica della Convenzione dell’Aja del 1° luglio 1985 (Legge 16 ottobre 1989 n. 364), in vigore dal 1992.

Le caratteristiche essenziali sono indicate nell’articolo 2, ai sensi del quale

    1. “i beni del trust costituiscono una massa distinta e non fanno parte del patrimonio del trustee;
    2. i beni del trust sono intestati a nome del trustee o di un’altra persona per conto del trustee;
    3. il trustee è investito del potere e onerato dell’obbligo, di cui deve rendere conto, di amministrare, gestire o disporre beni secondo i termini del trust e le norme particolari impostegli dalla legge”.

In estrema sintesi, il disponente (settlor) trasferisce i beni a un altro soggetto, il trustee, il quale li gestirà nell’interesse dei beneficiari e nel rispetto delle istruzioni e delle “regole d’ingaggio” impartite dal settlor stesso nell’atto istitutivo. Può altresì essere nominato un un protector o guardian, vale a dire un soggetto di fiducia del settlor cui viene affidato il compito di vigilare sull’operato del trustee.

Il trust può assumere la veste di negozio teso a beneficiare taluni soggetti terzi, che potranno essere indicati individualmente o per categorie (“trust fisso”) oppure di negozio avente ad oggetto un fine o uno scopo (“trust di scopo”).

I beni che compongono il trust sono vincolati all’interesse dei beneficiari o al conseguimento dello scopo e costituiscono un patrimonio distinto e autonomo rispetto ai singoli patrimoni del disponente, del trustee e dei beneficiari: è la cosiddetta “segregazione”.

Tale segregazione del patrimonio non può tuttavia costituire la ragione esclusiva del trust: nel rispetto dei principi dell’Ordinamento Italiano, per essere valido un trust deve avere una sua finalità meritevole di tutela, che non può identificarsi nella mera sottrazione di un patrimonio alla garanzia dei creditori.

Il trust è privo di personalità giuridica: ferma la segregazione patrimoniale, l’unico intestatario dei beni e dei diritti ad essi collegati è il trustee, cui andranno necessariamente riferiti i rapporti negoziali, attivi e passivi.

La Convenzione dell’Aja non individua un limite alla durata del trust, che resta affidata alla sua legge regolatrice (la quale, ai sensi dell’articolo 15 della Convenzione, non potrà tuttavia violare le norme imperative del paese in cui trust è istituito).

I criteri per individuare la legge regolatrice sono indicati dagli articoli sei e sette della Convenzione: il trust sarà regolato dalla legge scelta da settlor, mentre in assenza di scelta (o qualora la legge designata non sia compatibile) il trust sarà disciplinato dalla legge con la quale presenti il collegamento più stretto.

Il trust quale strumento di gestione delle opere d’arte

Lo strumento tradizionalmente diffuso nel nostro paese per la pianificazione, valorizzazione e protezione del patrimonio artistico è la Fondazione, che è un’organizzazione stabile dotata di personalità giuridica, connotata da una finalità pubblicistica e, conseguentemente, sottoposta a vincoli di scopo, disciplina e vigilanza da parte dell’Autorità.

Il trust, viceversa, permette di ottenere il medesimo risultato senza abdicare a uno scopo meramente privato: la disposizione delle proprie opere e/o collezioni in trust consente al settlor di programmarne una gestione organizzata e orientata, ma, a differenza della Fondazione, scevra da ingerenze esterne.

In tale ottica, le esigenze che possono suggerire il conferimento di un’opera d’arte e/o di una collezione in un trust sono molteplici.

In questo contributo, ne individuiamo due: la prima è quella di garantire la protezione, la riservatezza e la destinazione di un determinato patrimonio artistico, la seconda è quella di perseguire la valorizzazione della dimensione artistica – culturale, attraverso l’incremento della fruizione collettiva e individuale dell’opera e/o della collezione.

Il trust “fisso” e di scopo

Per conseguire tali obiettivi, il trust potrà assumere sia la natura di trust con beneficiari, sia la natura di trust di scopo.

Una funzione tipica del trust “fisso” è quella di soddisfare le esigenze proprie delle famiglie detentrici di un ragguardevole patrimonio artistico, anche per evitare effetti indesiderati nei passaggi generazionali: l’utilizzo di tale tipologia di trust consente infatti di scongiurare rischi di frazionamenti e dispersioni di collezioni originariamente unitarie.

I beneficiari del trust potranno rivestire posizioni tra loro diversificate: ad alcuni potranno essere garantite rendite periodiche mentre per altri potrà essere prevista, a determinate condizioni, la devoluzione del patrimonio conferito in trust (ad esempio, al momento della sua estinzione, oppure al conseguimento della maggiore età dei beneficiari o al raggiungimento di una consolidata consistenza e valorizzazione della collezione).

I trust della seconda categoria, quelli “di scopo”, sono solitamente utilizzati per implementare una gestione virtuosa delle opere, che consenta, anche con i redditi prodotti da tale gestione, di provvedere alla salvaguardia di queste ultime e del loro valore o all’implementazione della collezione.

I trust di scopo vengono inoltre utilizzati dai collezionisti intenzionati a promuovere la fruizione collettiva del proprio patrimonio tramite l’esposizione al pubblico, l’organizzazione di eventi e mostre o il prestito a musei e altre istituzioni culturali.

L’utilizzo di questo istituto si sta inoltre diffondendo anche per iniziativa degli stessi artisti, al fine di assicurare la conservazione e la valorizzazione della loro opera sia in vita, sia dopo la morte.

In sintesi, il trust di scopo può essere efficacemente utilizzato non solo per gestire efficacemente le potenzialità economiche delle opere e/o delle collezioni, ma, altresì, per promuovere forme di espressione artistico – culturale, diffondendo e agevolando la conoscenza degli artisti attraverso l’incremento della fruizione collettiva.

Sarà in tale ottica importante che il settlor, anche avvalendosi di consulenti specializzati, declini in modo puntuale le sue volontà e le regole di funzionamento dell’istituto: egli potrà per esempio disciplinare la frequenza e la destinazione delle esposizioni delle opere e i termini nei quali saranno possibili eventuali prestiti e/o esplicitare gli obiettivi di implementazione e valorizzazione della collezione e così via.

Anche nel trust di scopo sarà peraltro possibile prevedere la destinazione dei beni e/o dei proventi derivanti dalla gestione a favore di alcuni destinatari e, financo, conferire eventuali ruoli operativi dei beneficiari stessi nella gestione del patrimonio artistico.

Conclusioni

Sommariamente delineati i tratti salienti del trust, si può affermare, in sintesi, che si tratti di un istituto idoneo a permettere ai collezionisti di opere d’arte e financo agli stessi artisti di proteggere, valorizzare e destinare il proprio patrimonio perseguendo, al contempo, a determinate condizioni, una funzione di utilità sociale.